ANNO
2024
TECNICA
specchi e angolo
DIMENSIONI
variabili
Rivelatore di molteplici simboli, lo specchio è metafora del mondo visibile e dell’invisibile. Maurizio Calvesi, uno degli storici e critici d’arte più influenti e autorevoli del Novecento, lo definisce “oggetto dalle valenze simboliche quasi illimitate, lo specchio potrebbe essere il simbolo del simbolismo stesso, del funzionamento del simbolo”. In Quida questa simbologia, al contempo enigmatica e identitaria, abbandona la sua funzione originaria per lasciare il campo ad una prospettiva più allegorica e metasensoriale, aperta all’immaginazione e alla trascendenza, generatrice di un nuovo statuto della domanda. L’opera Angolo si rivela nella sua dichiarata incapacità oculare, invertendo il lato riflettente e così generando uno spiazzamento, una macchina inerte che traduce il suo stare nel suo darsi e che prosegue il suo viaggio, meglio dire “viatico” in una prospettiva verso l’infinito. Non più strumento illusorio o riflessivo, bensì fenomeno rivelatore di universi, declinando la sua forma al paradigma dell’indicibile, dell’incommensurabile, e per questo, del non visibile. Una tavola muta in continuo divenire, collocata in un angolo, la cui ampiezza proietta idealmente un caleidoscopio di immagini, metafora del possibile, del non contenibile. Un’autoreferenzialità sospesa che abbandona la funzione narcisistica per incarnare un nuovo orizzonte estetico e metafisico.
[Angle, 2024 (dim. var.) mirrors and angle] The mirror is a metaphor for the visible and the invisible world, revealing multiple symbols. Maurizio Calvesi, one of the most influential and authoritative historians and art critics of the twentieth century, defines it as “an object with almost unlimited symbolic values, the mirror could be the symbol of the symbolism itself, of the functioning of the symbol“. In Ǫuida this symbology, at the same time enigmatic and identarian, abandons its original function to leave the field to a more allegorical and metasensory perspective, open to imagination and transcendence, generating a new status of demand. The work Angle reveals itself in its declared eye incapacity, reversing the reflective side and thus generating a displacement, an inert machine that translates his standing in his self and continues his journey, better say “viatic” in a perspective towards the infinite. No longer an illusory or reflective instrument, but a phenomenon that reveals universes, declining its form to the paradigm of the unspeakable, the immeasurable and therefore the invisible. A constantly changing, muted table, placed in a corner, whose breadth ideally projects a kaleidoscope of images, metaphor of the possible, of the uncontendable. A suspended self-referentiality that abandons the narcissistic function to embody a new aesthetic and metaphysical horizon.