Scultura biologica

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ANNO

2019

TECNICA

immagini biologiche su fogli di acetato

Un immagine biologica  viene riprodotta su fogli acetati, successivamente suddivisi in tanti piccoli frammenti e sovrapposti più volte. Alla decostruzione dell’ immagine segue una nuova ricostruzione, i nuovi  elementi riassemblati sistemati sul foglio in modo casuale, rispondono  a un preciso ordine compositivo volto a rendere l’irregolarità e il caos elementi che non disturbano l’occhio ma lo magnetizzano sulla superficie. “Sculture biologiche” opere tridimensionali solo in potenza, risolte in superficie e dettate dalla stratificazione di fogli trasparenti tratti da antichi manuali di medicina. È forse in questi lavori che la riflessione dell’artista sul rapporto tra esistenza e apparenza raggiunge il suo limite più estremo. Racchiuse entro cornici ovali assumono le sembianze di specchi, di per sé strumenti di tridimensionalità ingannevole. Quest’ultima tuttavia è totalmente negata lasciando che sulla superficie si assiepi solo il ricordo dell’immagine e inducendo così chi si specchia a non perdersi nella finzione del riflesso e a ritrovare se stesso, in una plasticità reale, che è solo quella del corpo e dello spazio. Quida guarda all’insondabile, a dare forma sensibile alle ambigue e talvolta ignote dinamiche spazio-temporali. Il suo lavoro non vuole rappresentare il ricordo in sé ma il processo, in altre parole punta all’origine, a comprendere i meccanismi profondi che regolano l’esistenza, collettiva prima che individuale. Sue abituali coordinate sono da un lato la natura dell’uomo e dei suoi rapporti con l’ambiente, dall’altro la memoria degli individui e dei materiali, coordinate distinte ma complementari, l’una spaziale, l’altra temporale, l’una sincronica, l’altra diacronica. (Carmelo Cipriani)
Sculture biologiche di Raffaele Quida. Opere fondate sull’ossimoro: si chiamano sculture ma sono più prossime a dipinti, rievocano la vita ma la restituiscono in fredde e anonime lastre radiografiche, per giunta scomposte. Simili a specchi, in esse lo spettatore si riflette senza riconoscersi, scoprendo l’ordine che è nel caos e l’irrazionalità che si cela nella ragione. L’opera da oggetto di contemplazione diventa soggetto che osserva l’ambiente circostante, lo stesso nel quale lo spettatore si muove e ragiona. (Carmelo Cipriani)